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Cultura del riciclo

Riciclo, riutilizzo e recupero: una differenza terminologica e normativa

Nel campo della sostenibilità e della gestione dei rifiuti, riciclo, riutilizzo e recupero sono termini spesso confusi ma rappresentano pratiche diverse, ciascuna con specifiche implicazioni ambientali e normative. Conoscerne le differenze è essenziale per adottare strategie efficaci e promuovere una reale economia circolare a livello aziendale e istituzionale.

di
Alice Cutsodontis
16 Luglio 2025

Nel dibattito contemporaneo sulla sostenibilità e la gestione dei rifiuti, termini come riciclo, riutilizzo e recupero vengono spesso usati in modo intercambiabile, ma in realtà indicano azioni distinte, con implicazioni ambientali e normative ben precise. Comprenderne le differenze è fondamentale per orientare correttamente le politiche aziendali, istituzionali e quotidiane in direzione dell’economia circolare.

Gerarchia europea dei rifiuti: il punto di partenza

La Direttiva 2008/98/CE, aggiornata dalla Direttiva 2018/851/UE, stabilisce una gerarchia delle azioni da intraprendere nella gestione dei rifiuti, in ordine di priorità:

1. Prevenzione
2. Riutilizzo e preparazione per il riutilizzo
3. Riciclaggio
4. Recupero
(incluso il recupero energetico)
5. Smaltimento

Questa gerarchia non è solo un elenco teorico: è un principio guida per la pianificazione e le decisioni legislative degli Stati membri, che devono adottare misure concrete per favorire le prime opzioni e ridurre progressivamente il ricorso alle ultime.

Riciclaggio: la trasformazione in nuova materia

Secondo la Direttiva 2008/98/CE (art. 3, punto 17) e il D.Lgs. 152/2006 (art. 183, comma 1, lettera u):

"Riciclaggio: qualsiasi operazione di recupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri scopi."

Sono esclusi dalla definizione il recupero energetico e la trasformazione in materiali da usare come combustibile.

In pratica: la carta che torna carta, la plastica che diventa filato, il vetro che rinasce bottiglia.

È un processo fondamentale ma complesso, che richiede raccolta differenziata accurata, impianti dedicati e, talvolta, un elevato dispendio energetico per la trasformazione del rifiuto in una nuova materia prima o in un nuovo prodotto, attraverso processi tecnici e industriali.

Riutilizzo: usare ancora, senza trasformare

La normativa europea (Direttiva 2008/98/CE, art. 3, punto 13) e quella italiana (D.Lgs. 152/2006, art. 183, comma 1, lettera r) definiscono il riutilizzo come:

"Riutilizzo: qualsiasi operazione mediante la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono impiegati di nuovo per la stessa funzione per la quale erano stati concepiti."

In pratica: un contenitore riutilizzato per lo stesso scopo, una sedia riparata, un elettrodomestico rimesso in funzione.

Il riutilizzo non richiede trasformazioni complesse, ed è per questo considerato prioritario rispetto al riciclaggio: si riducono direttamente i rifiuti a monte, evitando nuovi consumi. Consiste nell’impiegare un oggetto così com’è, per lo stesso scopo per cui è stato progettato, senza trasformazioni: può prevedere solo interventi minimi, come pulizia o riparazioni. Al contrario, sia il riciclaggio che il recupero comportano dei veri e propri processi.

Recupero: una funzione utile, anche come energia

Come già visto, la normativa definisce il recupero (Direttiva 2008/98/CE, art. 3, punto 15 / D.Lgs. 152/2006, art. 183, comma 1, lettera t) come:

"qualsiasi operazione il cui principale risultato sia quello di permettere ai rifiuti di svolgere un ruolo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione, o per prepararli a tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’economia in generale."

Include: il riciclaggio, il compostaggio, il recupero di metalli o solventi, e anche il recupero energetico (incenerimento con produzione di energia, solo se l’impianto soddisfa specifici criteri di efficienza).

Il recupero comprende sia operazioni di tipo materiale (come il recupero di metalli dai rifiuti elettronici), sia di tipo energetico (come l’incenerimento dei rifiuti con produzione di energia). Anche in questo caso, si tratta di un processo finalizzato a sostituire risorse che altrimenti andrebbero estratte o prodotte da zero.

Conclusione

Distinguere correttamente tra riciclo, riutilizzo e recupero non è solo un esercizio terminologico, ma un passaggio chiave per pianificare una gestione più intelligente e sostenibile dei rifiuti. Nel contesto normativo europeo e italiano, queste azioni non hanno tutte lo stesso peso: il riutilizzo – compresa la preparazione per il riutilizzo – è al centro delle politiche per la riduzione dei rifiuti e la valorizzazione delle risorse, e rappresenta una delle sfide più urgenti e promettenti dell’economia circolare.

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