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ADR e rifiuti: la guida pratica per imprese, trasportatori e consulenti ambientali

In questa guida riassumiamo, passo dopo passo, il mondo dell’ADR applicato ai rifiuti: cosa prevede, come si applica, quali sono le esenzioni e cosa distingue la pericolosità ambientale da quella rilevante ai fini del trasporto.

di
Redazione
June 26, 2025

L’ADR è una normativa tecnica internazionale che stabilisce le condizioni di sicurezza per il trasporto su strada di merci pericolose, tra cui rientrano anche molti rifiuti, in base alla loro composizione chimica. Non è sempre facile capire quando un rifiuto è soggetto a questa regolamentazione, ma ignorarlo può portare a conseguenze piuttosto serie.

In questa guida riassumiamo, passo dopo passo, il mondo dell’ADR applicato ai rifiuti: cosa prevede, come si applica, quali sono le esenzioni e cosa distingue la pericolosità ambientale da quella rilevante ai fini del trasporto.

Cos’è l’ADR e perché riguarda anche i rifiuti?

ADR è l’acronimo francese di “Accord européen relatif au transport international des marchandises Dangereuses par Route”, ovvero Accordo europeo relativo ai trasporti internazionali di merci pericolose su strada.

Firmato nel 1957 e recepito in Italia con la Legge 1839/1962, l’ADR è composto da due allegati tecnici (A e B) che definiscono tutto ciò che serve per effettuare in sicurezza il trasporto di merci pericolose: dagli imballaggi alle etichette, dai documenti da compilare fino all’equipaggiamento dei veicoli.

Spesso si pensa che l’ADR riguardi solo sostanze chimiche pure o prodotti industriali, ma non è così: in verità molti rifiuti possono essere classificati come merci pericolose. E non è detto che siano per forza “rifiuti pericolosi” in base alla normativa ambientale. Infatti, un rifiuto classificato come non pericoloso secondo il D.lgs. 152/2006 potrebbe comunque rientrare tra le merci pericolose secondo l’ADR.

Rifiuti e ADR: quando si applica?

Non c’è corrispondenza diretta tra il codice CER (EER) e il numero ONU.

Il numero ONU è un codice a quattro cifre che identifica una sostanza pericolosa a livello internazionale, ed è questo il riferimento principale dell’ADR. Per stabilire se un rifiuto sia soggetto all’ADR non basta quindi guardare il codice CER: serve un’analisi chimica per identificare la presenza e le quantità di sostanze pericolose.

Un esempio pratico: due rifiuti con lo stesso codice CER possono avere un trattamento completamente diverso se uno dei due contiene una sostanza infiammabile o corrosiva in quantità superiore alle soglie stabilite.

Quando un rifiuto è soggetto ad ADR, entrano in gioco regole stringenti su:

Imballaggio: devono essere utilizzati contenitori appositi, certificati ADR.
Etichettatura e marcatura: devono essere ben visibili e rispondere alle prescrizioni della normativa.
Documentazione di trasporto: il formulario deve essere completato correttamente, anche con la dicitura “ADR”.
Equipaggiamento del veicolo: il mezzo deve essere dotato di estintori, dispositivi di protezione e segnali di pericolo.

Inoltre, le aziende coinvolte devono nominare un consulente ADR, ovvero una figura incaricata di garantire la conformità alle regole. Anche i conducenti devono avere un patentino ADR, che si ottiene con un corso e ha validità di cinque anni.

Tutti i rifiuti pericolosi sono soggetti ad ADR?

La risposta è no. E nemmeno tutti i rifiuti non pericolosi sono esenti. È una questione di classificazione secondo l’ADR, che si basa sul rischio reale in fase di trasporto: per esempio, se un rifiuto è infiammabile (HP3), quasi certamente sarà soggetto ad ADR. Se invece è mutageno o tossico per la riproduzione (HP11 o HP10), potrebbe non esserlo, perché il pericolo si manifesta solo con esposizione prolungata e non in caso di incidente.

La normativa ADR distingue le sostanze pericolose in 13 classi, tra cui le principali sono:

Classe 3: liquidi infiammabili
Classe 6.1: materie tossiche
Classe 8: corrosivi
Classe 9: pericolosi per l’ambiente, ecc.

La presenza in una di queste classi, con riferimento al numero ONU, è il criterio decisivo.

Le tre tipologie di trasporto in ADR

A seconda della quantità di rifiuto e della sua pericolosità, l’ADR prevede diverse modalità:

1. Esenzione per quantità limitata o quantità esenti: se le quantità sono contenute e l’imballaggio è conforme, si può accedere a una procedura semplificata.
2. Esenzione per quantità trasportate o esenti: anche qui, si riducono gli obblighi se non si superano certi limiti di peso o volume.
3. Trasporto in regime ADR completo: è la modalità più stringente, da applicare in assenza di esenzioni. Prevede tutti gli adempimenti completi (imballaggi omologati, etichette, documenti, consulente ADR, ecc.).

Chi fa cosa in un trasporto ADR

Nel trasporto ADR sono coinvolti più attori, ognuno con precise responsabilità:

• Il produttore/speditore: classifica il rifiuto e decide se rientra in ADR.
Chi imballa e carica: usa contenitori omologati e segue le istruzioni.
• Il trasportatore: deve avere mezzi idonei e personale formato.
• Il destinatario: verifica che tutto sia stato eseguito correttamente.

Conclusioni

Comprendere e applicare correttamente l’ADR nel trasporto dei rifiuti non è solo un obbligo legale, ma una tutela per la sicurezza di tutti: dell’ambiente, dei lavoratori e di chiunque si trovi sulla strada. Se ti occupi di gestione rifiuti, trasporto o consulenza ambientale, investire il tempo necessario per approfondire questa normativa ti metterà al riparo da sanzioni, ma soprattutto da rischi concreti.

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